Che male c’è a essere ottimisti? Nessuno. Ma occorre esserlo in modo costruttivo. Concreto. L’ottimista operativo è colui che ha una visione e la porta avanti. Ha un forte ideale ma non è un idealista tout court. Sceglie un approccio costruttivo, ascolta le opinioni contrastanti per apprendere nuovi punti di vista. Questo genere di ottimista è ciò che occorre oggi. Scarsa attenzione agli insulti ricevuti, per nulla incline alla polemica distruttiva o alla rabbia. Lui ha più a cuore che il suo ideale trovi spazio. Si mette in gioco, cerca stimoli per cambiare la percezione della realtà e ha una buona dose di creatività e umiltà.
La realtà non è come la percepiamo. Non è ciò che leggiamo. Dovremmo abituarci di più all’idea di una realtà fatta di ciò che viviamo. Quali sono le esperienze che riempiono le tue giornate? Davvero osservando la tua quotidianità ritieni che il mondo sia unicamente un luogo intriso di rabbia e disillusione?
Quella percezione che ci stiamo costruendo nasce dal bombardamento costante sui problemi globali. È questo che ci conduce a pensare che qualunque cosa facciamo sia, in realtà, una goccia in mezzo all’oceano. Stiamo diventando cinici perché smettiamo di guardare alla nostra realtà. E il cinismo, di questi tempi, non è un lusso che possiamo sostenere.
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Il sovraccarico di percezioni negative ci rende passivi. Aumenta lo stress (lo dicono psicologi e medici) e diminuisce la speranza concreta di un mondo migliore. Ci sentiamo senza possibilità di scampo: helplessness, è il termine utilizzato da Martin Seligman, padre della psicologia positiva, per questo sentimento che ha colpito il genere umano negli ultimi decenni.
Occorre tornare a essere attivi di nuovo. Tornare alle emozioni contrarie, come afferma la neuroscienziata Maren Urner: entusiasmo, ottimismo, azione, speranza. Via libera a nuove esperienze e relazioni: riattivando l’attività del cervello con nuovi stimoli, si esce dal loop e si generano nuove percezioni. Più edificanti, più stimolanti e più creative.
«Gli studi condotti fino al 1998 ritenevano che il cervello adulto non potesse cambiare. Ma non è così: nuovi stimoli modificano il nostro cervello» afferma Maren Urner.
Per tornare alla vera chance dell’umanità, quindi, ecco la triade che può salvarci: nuovi stimoli, nuove percezioni e un ottimismo costruttivo.
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