Un punto di non ritorno. Così sento il periodo che stiamo vivendo. Il Coronavirus è arrivato e non ha solo stravolto le nostre vite. Ha fatto qualcosa di più: ci ha imposto un cambiamento di abitudini che somigliano molto a quelle lezioni che devi imparare per poter procedere.


Ci ha improvvisamente catapultati in una dimensione che ci sta stretta e che mai avremmo pensato di vivere. Ma ci sentiamo meno soli. Ha tutta l’aria di essere un paradosso questo, vero? L’unico pronome esistente, oggi, è noi. Perché siamo tutti in questa situazione e già questo è di per sé un grande insegnamento: ci fa percepire il senso di unione che troppo spesso dimentichiamo. L’intero pianeta sta affrontando l’emergenza e cercando il modo migliore per risolverla e ripartire. Sento una stretta allo stomaco quando penso alla dimensione pianeta e mi rendo conto che tutto sta davvero cambiando.

Non torneremo alla normalità. E questa è una buona notizia: sono tante le lezioni che stiamo imparando come esseri umani. Non potremmo farle nostre se tornassimo a quel che era prima del Covid-19.

Il Coronavirus ci insegna la gratitudine, la creatività e il valore del tempo


Stiamo allenando la gratitudine. Lo facciamo ogni volta che seduti sul divano di casa il nostro pensiero vola ai medici, agli infermieri e al personale sanitario che ogni giorno è in prima linea. Quando andiamo a fare la spesa e offriamo uno sguardo di approvazione consapevole alla cassiera che sta lavorando per noi. Quando il corriere ci porta la spesa a casa, la lascia sulla porta e scappa via. Possiamo solo guardarci negli occhi, le mascherine consentono solo questo. Quando ci fermiamo un po’ di più riusciamo a dire grazie a chi si occupa dei nostri rifiuti, a chi lavora nei trasporti, a chi produce il cibo che arriva a noi. A tutte quelle persone che non vediamo ma di cui percepiamo il valore e la presenza nella nostra vita. È come se si fosse svelata a noi la catena che ci unisce: tutti. Senza etichette sociali, senza confini territoriali, senza paure e timori. Siamo diventati meno timidi con i nostri vicini di casa e più generosi.


Stiamo anche mettendo alla prova la nostra creatività: un pizzico di leggerezza e una sana dose di noia ci portano a creare più di quanto pensassimo di poter fare. E abbiamo scoperto che possiamo fare a meno di tante cose, mentre altre ci mancano. Ed è forse lì che possiamo portare la nostra attenzione: per esserne consapevoli e dare il giusto valore quando tutto questo finirà.


Stiamo imparando il valore del tempo. Ne abbiamo tanto a disposizione e questo ci porta a riflettere su quanto ne abbiamo sprecato prima. Ma da oggi è diverso perché la nuova quotidianità ci chiede di pianificare il lavoro, occuparci della casa, gestire lo studio dei ragazzi, cucinare, sperimentare e concederci attività fisica da casa e un po’ di relax. Giochiamo, sì giochiamo di più: con la famiglia, con gli amici online.

Tutto torna al senso più umano


Impariamo dai libri che erano sullo scaffale della libreria da troppo tempo. E riflettiamo sulle parole. Abbiamo recuperato il senso del “come stai oggi?”: è più sincero, consapevole e interessato alla risposta.


Abbiamo compreso il valore della tecnologia perché senza di questa sarebbe stato più complicato vivere i giorni casalinghi. Probabilmente dopo questa fase della nostra esistenza saremo meno rigidi, meno prevenuti e più inclini a rispettare il dono che ci è stato offerto da chi ha avuto il coraggio di sperimentare e creare strumenti che hanno modificato il nostro procedere.


Abbiamo compreso cosa significa un frigorifero vuoto. L’abbondanza e lo spreco alimentare a cui siamo stati abituati non può più trovare spazio. Dobbiamo misurare, convertire, finire le riserve prima di aggiungere altro.
Abbiamo recuperato la relazione con le piccole realtà. La spesa è più facile in questo momento se fatta dai piccoli commercianti e produttori locali. Riscopriamo i negozi di quartiere e il loro valore inestimabile. Persone rimaste nell’ombra, che procedono a fatica da anni e che oggi sono la nostra risorsa più grande.


Abbiamo compreso il valore della buona informazione. Il coronavirus è arrivato a noi con una valigia piena di paure, non occorre aggiungerne altre. Quel bisogno latente di un’informazione costruttiva si è palesato in questi giorni più che mai. I numeri non sono di aiuto se non vengono contestualizzati, i titoli acchiappa click sono diventati riconoscibili e chi spiega la complessità del momento sta trovando più seguito. Ci stiamo accorgendo che il giornalismo costruttivo esiste anche in Italia e riusciamo a riconoscerlo.


Ci sono altre lezioni che ci aspettano. Sono pronte a svelarsi a noi. A patto che ci rendiamo disponibili ad accoglierle, a non dimenticarle. Perché questo momento di dolore e paura ha tutta l’aria di essere una fase di grande opportunità per il genere umano.