Che cos’è esattamente il giornalismo costruttivo? Mi piace pensare che sia una risposta concreta alle esigenze del lettore contemporaneo. La prima volta che mi sono imbattuta in questo concetto l’ho fatto con curiosità perché cercavo io stessa un nuovo approccio che potesse dare di nuovo credibilità alla professione che svolgo e che potesse rispondere a un’esigenza ormai ben dichiarata da parte dei lettori.

In quel periodo io fondavo questo blog, era il 2012, mentre in Nord Europa si cominciavano a delineare le caratteristiche e le basi di quello che sarebbe diventato il giornalismo costruttivo. Solo nel 2017 verrà coniato il nome constructive journalism da parte di Cathrine Gyldensted, giornalista e Karen McIntyre, ricercatrice universitaria. A loro dobbiamo questo filone innovativo che ha l’ambizione di cambiare la cultura mediatica che oggi viviamo. Sempre in Danimarca è nato il Constructive Institute, fondato dal giornalista Urlik Haagerup, che si preoccupa di preparare i nuovi giornalisti costruttivi ed è molto attivo nell’organizzare eventi e incontri tra addetti ai media europei.

Teoria e pratica del giornalismo costruttivo.

Il punto di partenza del giornalismo costruttivo è la psicologia positiva fondata dal prof. Martin Seligman nel 1998. Si tratta di un approccio che si distanzia dalla psicologia tradizionale: «per rendere le persone felici non occorre eliminare ciò  che è negativo quanto piuttosto riempire la mente di visioni positive»dichiara il prof. Seligman. Adattato al giornalismo questo significa sostituire l’insistenza nella diffusione di notizie negative con l’intento concreto di fornire visioni più complete, costruttive e possibiliste. Quando si scrivono storie, in sostanza, occorre dare valore ai sentimenti umani portando il focus su concetti come empatia, ascolto, rispetto, gratitudine. Il prof Seligman, che di questo tema si occupa durante i suoi corsi all’Università della Pennsylvania, ha elaborato uno strumento di valutazione dal nome PERMA (Positive Emotions, Engagement, Relationship, Meaning e Achievement”). Lui lo usa con i suoi pazienti ma Cathrine Gyldensted e Karen McIntyre lo hanno adattato alla produzione di notizie.

I giornalisti che intendono scrivere storie con taglio costruttivo scelgono di evidenziare alcuni elementi: le emozioni costruttive, il livello di coinvolgimento dei protagonisti, le relazioni che si sono attivate grazie alla storia e quelle possibili, il senso di quanto raccontato e la proposta di soluzioni. Un approccio per molti versi distante da quello che oggi viene attuato dai media ma non così distante da ciò che richiede la deontologia giornalistica. Si usano sempre le 5 W del giornalismo aglosassone (Who, When, What, Where e Why) ma si aggiunge una domanda chiave rivolta al futuro: “What Now?” Cosa accade adesso?

Giornalisti e lettori: a ognuno il suo ruolo

Che cos’è il giornalismo costruttivo e come si inserisce nella relazione tra lettore e giornalista?

Dal punto di vista del giornalista, questo approccio alla professione richiede maggiore impegno e dedizione ma anche maggiore soddisfazione oltre che una concreta opportunità per distinguersi. Per il lettore si delinea la possibilità di aprirsi al dibattito, tornare ad avere fiducia nella stampa e la capacità di comprendere tematiche spesso complicate. Sì, quindi al dibattito intorno al problema ma un sì ancora più grande alle soluzioni.

A differenza del giornalismo così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, che guarda a ciò che è accaduto e tende alla polarizzazione, il giornalismo costruttivo volge lo sguardo al futuro. Esso osserva la realtà da più punti di vista e consente di mettere in luce quelle sfumature che spesso includono la risposta al problema stesso.

Non si tratta, come spesso viene frainteso, di cercare solo e unicamente il bello della realtà ma di essere concreti nel dare visioni possibiliste sollecitando risposte e soluzioni.


A che punto è il giornalismo costruttivo oggi?

Ho voluto raccontarti cos’è il giornalismo costruttivo per fare chiarezza su questo approccio all’informazione. Ora vediamo a che punto siamo arrivati.

Siamo nel momento storico migliore per fare accadere qualcosa. Lo affermano i massimi esperti dell’informazione. Questo è stato il tema del Summit Globale di Giornalismo Costruttivo che si è svolto a Ginevra a Gennaio 2019. Nessuno di noi ha bisogno di più notizie, quello che ci occorre è qualità. Non si tratta di più di battere sul tempo i concorrenti ma, piuttosto, di dare valore e senso alla vita dei lettori.

A livello europeo, stiamo dialogando a più voci per sostenere l’approccio costruttivo. Lo stiamo facendo anche aprendoci al Solutions Journalism che negli Stati Uniti abbraccia lo stesso concetto di giornalismo di qualità volto alle soluzioni.

Dopo esserci concentrati tutti sulle fake news ci si è resi conto che non sono queste il vero problema dell’informazione. Ciò che ci sta danneggiando come esseri umani, lettori e professionisti dei media, è la cattiva informazione. Più subdola ancora delle notizie false che vengono costruite a tavolino. Occorre uscire dalla logica che solo ciò che parla di desolazione, terrore e genera paura sia una notizia che debba trovare spazio sui media. Non è così e non è ciò che da lettori vogliamo, anche se poi veniamo attratti dal titolo tragico. È una questione di abitudine: crediamo che l’informazione sia questa mentre ciò che realmente desideriamo è conoscere altro. La realtà nel suo complesso è ciò che ci interessa: non solo problemi e nemmeno solo notizie positive. Ci occorre sapere che: per ogni problema ci sono più soluzioni possibili, qualcuno le ha già trovate e testate e, in qualche parte del mondo, c’è chi potrebbe raccontarci nuovi punti di vista. Soprattutto dobbiamo diventare consapevoli che non siamo impotenti di fronte a quelli che vengono definiti i mali della società.

C’è sempre qualcosa che possiamo fare. E dobbiamo saperlo. Il giornalismo costruttivo ci consente questo viaggio di consapevolezza.