Il giornalismo ha bisogno di una nuova identità. Questo è quel che si afferma negli ambienti professionali a ogni livello: ai corsi dell’ordine dei giornalisti, tra colleghi, durante eventi e nelle Università. Una certezza che ha dato vita a piccole e grandi correnti di pensieri e visioni nuove. C’è chi procede seguendo la strada abitudinaria e chi, invece, tenta di identificare un percorso di svolta per due ragioni fondamentali: recuperare credibilità con il lettore e creare un progetto di business dell’informazione sostenibile. In questa valle di tentativi e riflessioni si fanno strada il giornalismo costruttivo, positivo e di soluzione.
Esistono differenze tra queste tre nuove prospettive del giornalismo e poi ci sono delle sfumature che consentono l’incontro tra le parti. Se ne parla a livello internazionale per cercare di abbracciare una nuova visione del futuro dell’informazione. Durante il recente Summit Mondiale di Giornalismo Costruttivo che si è svolto a Ginevra, e al quale ho partecipato, sono emersi alcuni aspetti che hanno condotto al dialogo pro-attivo da parte di tutti gli attori coinvolti.
Vediamo allora quali sono le peculiarità di queste tre modalità di praticare la professione giornalistica.
Il giornalismo positivo ha una chiara e profonda vocazione per le buone notizie. L’obiettivo è di diffondere la cultura del benessere tra i lettori. Due i presupposti: una comunità che sta bene e accoglie il bene è una comunità che produce altro bene. E, in secondo luogo, l’intenzione di tornare al rispetto dell’intero genere umano attraverso il racconto di storie con grande valore sociale. Una necessità che vuole rispondere all’eccesso di negatività dei media. Esempi di questi progetti sono l’inserto Buone Notizie del Corriere della Sera e l’iniziativa Mezzopieno che entra in diverse comunità – tra cui scuole e carceri – con l’informazione positiva.
Il giornalismo costruttivo ha l’ambizione di cambiare la cultura mediatica che oggi viviamo introducendo un approccio di psicologia positiva. Un percorso che fornisce valore ai sentimenti umani portando il focus su concetti come empatia. A livello pratico, chi sceglie di scrivere una storia costruttiva non si basa solo sulle classiche domande del giornalismo (Le 5 W: Who, When, What, Where e Why) ma aggiunge la domanda rivolta al futuro “What Now?” Cosa accade adesso?
Il giornalismo delle soluzioni – solutions journalism – parte da una prima e sostanziale domanda: Chi ha fatto meglio? Chi ha risolto il problema e ha ottenuto risultati tangibili? Dopo aver delineato le soluzioni, questo approccio si spinge oltre e valuta se la soluzione proposta è pertinente alla problematica mettendo in luce anche i limiti della stessa. Non è esclusa la possibilità di raccontare una soluzione che ha rappresentato un fallimento per fornire eventuali lezioni. (Se leggi il francese ti consiglio questa intervista a Nina Fasciaux, voce del Solutions Journalism in Europa)
Come si intersecano questi tre diversi approcci all’informazione? Il dialogo è aperto e molto entusiasta. Il giornalismo costruttivo si apre alle soluzioni mentre il giornalismo positivo comincia a orientarsi a un’informazione di qualità che significa più approfondimento e visione futura oltre che sguardo al presente.
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