Il giornalismo di cui abbiamo bisogno punta sulla qualità e sulla capacità di rappresentare il mondo. Il modo più veloce per conoscere il paese in cui viviamo è leggere i giornali. Ce lo insegnano sin dalla scuola ed è certamente un approccio sensato dal momento che i media raccontano la realtà. La domanda che dobbiamo porci, però, è questa: quale idea ci facciamo della nostra comunità attraverso le notizie?
Le notizie quotidiane hanno il ruolo importante di introdurci alla conoscenza di un’ampia gamma di esseri umani: un viaggio che giorno dopo giorno ci conduce a farci un’idea del paese in cui viviamo e di chi lo popola. Basta leggere ciò che ci viene raccontato per renderci conto di quanta oscurità, violenza e paura esiste nelle nostre città. Non occorre scomodare le pagine di cronaca per farsi un’idea della difficoltà di vivere. Sui giornali di gossip leggiamo critiche ai volti delle star e ci rendiamo conto di quanto saremo giudicati da vecchi, la nostra vita ci appare provinciale se leggiamo della vita che fanno le persone di successo, le pagine di economia risvegliano in noi la paura del futuro mentre quelle di attualità ci provocano frustrazione raccontando storie di successo avvenute – apparentemente – per caso.
Il giornalismo è tenuto a raccontare la realtà: ma quella che leggiamo è la sola faccia della medaglia?
Nel mondo, in un preciso momento, accadono una quantità incredibile di fatti che raccontano la realtà in modo contradditorio. Ci sono certamente violenze sulle donne e assassinii di bambini ma esistono anche decine di milioni di persone (ricordiamoci che siamo 7 miliardi) che non hanno alcuna intenzione di violentare un altro essere umano o picchiare i bambini fino alla morte. Alcuni cittadini soffrono di depressione per via della crisi economica che ci raccontano ma molti continuano a lavorare nonostante le difficoltà e lo fanno con entusiasmo. C’è chi passa il sabato sera compiendo atti di vandalismo e chi, invece, si dedica a preparare una cenetta per la propria famiglia. Qualcuno partecipa a feste glamour ma altri si godono il lusso dei piccoli piaceri della vita normale. Esistono una serie di titoli che sarebbero altrettanto veri, rispetto a quelli che leggiamo, ma che non finiranno mai in prima pagina.
La nostra consapevolezza di lettori torna in gioco. I giornalisti raccontano la realtà ma questa è talmente ricca di sfumature che risulta impossibile parlare di un paese in modo attendibile e completo. Quello che si può fare è plasmare la realtà scegliendo le storie da porre al centro dell’attenzione e quelle da lasciare nel dimenticatoio della mente.
In questa scelta si cela la grande responsabilità di chi scrive: il potere di formare l’idea che ognuno di noi si fa degli altri. Quale volto ha, nel nostro immaginario, la società in cui viviamo? Quali gli effetti dei media sul nostro umore?
Se riceviamo il messaggio – più o meno dichiarato – che i nostri concittadini sono pazzi e violenti avremo sempre più paura di uscire di casa. Se ci raccontano che ciò che più conta per essere felici sono i soldi e lo status sociale, la normalità della nostra vita potrebbe risultare umiliante. Se diamo per scontato che chi raggiunge una posizione politica sia un bugiardo finiremo per prenderci gioco di qualunque dichiarazione e progetto diventando cinici. E se, infine, ci raccontano che per i prossimi dieci anni l’economia sarà un disastro non inizieremo mai quel progetto professionale che abbiamo in mente da tempo.
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Qual è, quindi, il giornalismo di cui abbiamo bisogno?
Avremmo bisogno di un giornalismo che riesca a scendere al livello delle persone. Di professionisti dell’informazione che, di fronte alla quantità infinita di storie da raccontare, riescano a scegliere quello che risponde all’interesse del lettore. Ciò che le persone hanno la necessità di sentire o leggere in un dato momento è ciò che dovrebbero trovare sui media. I giornalisti lo sanno e nelle redazioni si costruiscono le pagine dei giornali con questa domanda ben in mente: cosa vuole leggere il lettore? Il vero problema, però, è proprio la risposta che viene data a questa domanda.
Si teme che raccontando ciò che funziona si possa generare un pericoloso ottimismo sentimentale che possa mandare all’aria il paese. In realtà anche quella sorta di depressione mista a frustrazione a cui ci inducono le notizie che leggiamo ci guida verso lo stesso destino.
Il giornalismo di cui abbiamo bisogno deve raccontare la realtà ma anziché soffermarsi solo sulle catastrofi, ogni tanto dovrebbe distillare un concentrato di speranza e donarlo al lettore. Servirebbe a individuare il percorso giusto e superare le difficoltà. L’approccio critico del giornalista dovrebbe aiutare la società a comprendere le proprie debolezze e i propri fallimenti ma dovrebbe anche contribuire a diffondere l’idea di una comunità sufficientemente buona da generare il desiderio di farne parte.
Da lettori dovremmo ricordarci che le notizie che leggiamo sul nostro paese non sono il nostro paese.
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