Sulla relazione tra gratitudine e giornalismo costruttivo mi sono presa tempo per riflettere e approfondire più volte negli ultimi anni. La prima volta è accaduta quando una persona del pubblico, durante una conferenza stampa, mi ha chiesto che legame ci fosse tra queste mie due aree di studio.

Non ci avevo mai pensato in modo chiaro fino ad allora. Per me erano due passioni distinte che riempivano le mie giornate e scadenzavano le mie scelte professionali e personali. Era un’attitudine, l’essere grata, che si riversava inevitabilmente sulla mia quotidianità. In realtà quel giorno ho fatto un passo più nel mio profondo rendendomi conto quanto la gratitudine mi avesse accompagnata all’esplorazione del giornalismo costruttivo che per me significa un giornalismo più rispettoso dell’essere umano e della realtà in cui viviamo. Non solo, l’attitudine alla gratitudine era diventata una scelta che impregnava qualunque post o comunicazione io scrivessi.


Le nostre scelte di fronte a una notizia

Di fronte a un contenuto da condividere si fanno sempre delle scelte. E queste si riflettono anche nella relazione che si crea con il proprio pubblico. Se c’è una cosa che i social media hanno realizzato è certamente quella di ridurre le distanze e abbattere i muri che dividono. Quando scegliamo di sostenere questa opportunità allora possiamo trovare complicità con lo stato di gratitudine.


«L’ottimista fatalista crede che per stare bene deve pensare positivo e mettersi dei paraocchi per non vedere ciò che di brutto accade. L’ottimista costruttivo, invece, ha compreso che la realtà va guardata tutta ma l’attenzione va orientata solo verso alcune direzioni ben selezionate. Questo è uno dei principi della gratitudine: riconoscere ciò che funziona e lasciarci inebriare da esso. Nel giornalismo questo si traduce con più attenzione alle soluzioni e meno al problema, con il racconto di storie che funzionano, con il rispetto per chi si intervista, con la cura nella ricerca e nella scelta delle parole. La gratitudine è il riconoscimento della bellezza e della gioia, un inno all’amore, umiltà, condivisione, ascolto e crescita. Va oltre l’individuo: migliora la comunità. Non è questo che dovrebbe fare il giornalismo?».


Queste parole le puoi leggere nell’intervista che mi hanno fatto Giulia Bezzi e Salvatore Russo per il loro libro Seo&Journalism . Le ho volute riportare qui perché rispondono alla domanda che i due autori mi hanno fatto: come uso la gratitudine nel lavoro di giornalista?

Penso, e ci credo davvero tanto, che se desideriamo davvero un’informazione più onesta dobbiamo iniziare a investire in una relazione giornalista-lettore migliore. La gratitudine può tornare utile perché è in grado di sbloccare anche le relazioni più difficili.

Quella tra chi lavora nei media e chi ne è solo fruitore è certamente tra queste. Si tratta di una relazione che va ascoltata da entrambe le parti. Mi lascia sempre un po’ di amarezza notare le pagine Facebook di grosse testate giornalistiche ricche di commenti dei lettori che restano senza alcun cenno. Non un mi piace, non un commento.

Prendersi cura dei propri contenuti è un atto di gratitudine verso chi legge

Sai cosa mostra questo? Che interessano i click ma non cosa il lettore pensa. Non c’è seguito alla notizia buttata su un social media. Non c’è interesse verso l’opinione pubblica che, per la verità, dovrebbe essere la prima fonte di informazione e riflessione per chi fa giornalismo. E no, non c’è gratitudine. Se sei un giornalista mi dirai che si tratta spesso di parole d’odio e commenti rabbiosi: è vero. Ma voglio porti una domanda: se ci fosse il giornalista autore dell’articolo con nome, cognome e faccia a rispondere a quei commenti, credi che ci sarebbero lo stesso numero di commenti dettati dall’odio? Io credo di no. Per due semplici ragioni: immaginare una persona dall’altra parte è un ottimo deterrente per allentare la presa dell’odio; il giornalista potrebbe argomentare il proprio articolo e fornire ulteriori aggiornamenti e sfumature. Ossia, stare sul pezzo con rispetto per chi legge.
Aggiungo che una buona gestione dell’engagement sarebbe un grande stimolo per occuparsi sempre meglio di ciò che accade nel mondo, trovare spunti e prestare più attenzione al tono dei propri articoli.

Cosa succede, invece, dalla parte del lettore? Conosco molte persone legate con affetto, stima e fiducia a una firma: che sia quella di un giornalista o di un blogger. Buona parte di queste persone, però, trattengono questa buona relazione come fosse un segreto. I motivi possono essere molti ma il più comune è il pensiero radicato che: “la mia opinione non interessa”. Interessa. Da giornalista e blogger ti dico che interessa molto. Anche quando è solo una voce, anche quando si esprime di tanto in tanto: è una carica di energia che si riflette nella produzione per alcuni giorni successivi.


Per portare questo messaggio di gratitudine al giornalista che ti ispira o ti educa, che parla di te o della tua azienda in modo impeccabile, che segue un fatto di cronaca con un approccio empatico e costruttivo, occorre lavorare di creatività.