La sedicenne attivista e strumentalizzata. Così ho visto definire Greta Thunberg in questi giorni sulla stampa. Qualcuno ne ha elevato il valore, proponendola come candidata al Nobel per la Pace, altri ne hanno sminuito l’impegno e poi c’è chi addirittura l’ha offesa. Ho osservato, ascoltato e letto in silenzio perché avevo bisogno di capire io per prima. Cosa sta accadendo? Cosa ha generato questa giovane studentessa?

Greta ci ha messi tutti in discussione. Ed è una cosa, questa, che non sempre prendiamo bene. Ha messo in discussione gli adulti, i giornalisti, le istituzioni, i grandi del mondo e i giovani. Qualcuno ha risposto all’appello, altri hanno preferito stare seduti e altri ancora hanno scelto di criticare.

I giovani ci hanno dato un grande esempio: sono scesi in piazza non semplicemente per saltare la scuola ma per raccontarsi e dirci quanto sono preoccupati. Mi viene in mente un incontro che ho tenuto nelle scuole qualche tempo fa quando una ragazza di seconda media mi ha detto «il futuro mi fa paura». E ha ragione Greta quando dichiara che aspettare che siano i giovani a fare qualcosa potrebbe essere troppo tardi. Loro lo sanno, lo hanno compreso da tempo e chiedono aiuto. Siamo noi adulti a dover fare oggi.

Ed è qui che ci siamo persi. Come adulti e come rappresentati dei media ci siamo focalizzati su Greta senza voler accettare che l’invito era alla consapevolezza del mondo che stiamo lasciando ai nostri ragazzi.

E se non fossero i giovani il patrimonio del futuro ma noi adulti che possiamo agire nel presente?

Me lo sono chiesto a più riprese in questi giorni. Il fare costruttivo sta nell’oggi perché domani potrebbe essere troppo tardi. E se il compito dei ragazzi è farci notare che hanno paura e che non siamo stati clementi con il nostro pianeta, il ruolo di responsabilità di noi adulti è quello della ricerca di una soluzione possibile.

Ed è di questo che avrei voluto leggere sui media in questi giorni. Non di Greta che mangia cibo confezionato con la plastica o del fatto che sia strumentalizzata. Non avrei nemmeno voluto che lei dovesse spendere del tempo prezioso per giustificarsi, raccontarsi e mettere a tacere queste voci. Mi sono chiesta, osservando prima di esprimermi, perché invece di passare il tempo a cercare motivi per screditare questa ragazza, noi giornalisti non abbiamo trascorso le nostre ore intervistando esperti, cercando possibili soluzioni e raccontando cosa possiamo fare? Stimolando le istituzioni per esempio o spingendo l’informazione verso un aspetto costruttivo della faccenda. Esistono esempi replicabili nel mondo? Qualche visionario ha un’idea concreta? E come possiamo coinvolgerli questi giovani che sono scesi in piazza? Come può aiutare la scuola (gli adulti ancora una volta)?

Perché qui non si tratta solo di quanti giovani abbia portato in piazza Greta, qui si tratta di guardarsi allo specchio con onestà a notare i difetti per poter trovare i rimedi. Sono convinta che cambiando punto di vista si potrebbe scoprire, come afferma Naomi Klein, che non è impossibile cambiare le cose ma lo diventa se non ci rendiamo conto che continuiamo a fare sempre gli stessi errori.

E in termini di comunicazione e informazione è accaduta la stessa cosa.  Nel tentativo di distruggere la persona abbiamo dimenticato il vero focus di tutto: il clima, il Pianeta, il futuro di quei figli a cui ogni giorno diamo il buongiorno.

È la nostra tendenza alla procrastinazione il problema più grande.

Foto in copertina di Leggo.it