Buon giornalismo, cattivo giornalismo. Non è mai semplice definire cosa sia buono e cosa non lo sia. E, a dirla tutta, non amo generalizzare o attribuire etichette troppo rigide. Ma un’idea me la sono fatta grazie ai professionisti che ho incontrato sulla mia strada e alle numerose letture che riempiono le mie giornate. Per arrivare all’essenza di una storia bisogna capire a fondo l’argomento, il contesto, la collocazione d’insieme e il rapporto con altri ambiti. Me lo ha insegnato un direttore con cui ho avuto la grande opportunità di lavorare all’inizio della mia carriera giornalistica. E da allora ho allargato questa visione una storia dopo l’altra. Credo che il cuore sia tutto qui, in questa idea che si lega al giornalismo costruttivo.


«Fare giornalismo non significa rigurgitare i fatti, ma capire il senso. Non basta sapere chi, che cosa, quando e dove: bisogna capire il significato della storia. E anche perché è importante». Queste sono parole di Nora Ephron, giornalista che noi tutti conosciamo soprattutto come sceneggiatrice di film famosi tra cui “Harry, ti presento Sally” e “Insonnia d’amore”. La Ephron racconta di aver imparato a cercare un senso nelle storie proprio alla scuola di giornalismo. Ed è stato ciò che le ha permesso di dare al cinema storie di qualità e tanto amate. Perché noi, quando ci appassioniamo alle storie, vogliamo capire, identificarci, andare a fondo e trarne un insegnamento. È così che accade al cinema e probabilmente è così che potrebbe funzionare sui media.

Giornalismo: una storia nasce dalle sfumature


Una storia si compone di una serie di fatti. Ed è dietro questi che si cela qualcosa di essenziale. Secondo questa visione, i bravi giornalisti e le brave giornaliste sono coloro che esaminano le informazioni e cercano di comprendere quali relazioni intercorrono tra loro. Sono i professionisti che scelgono, in sostanza, di rendere più chiari i legami per comprendere in che modo i pezzi diversi si uniscono per dare vita a una storia che possa essere di vero interesse.

Il buon giornalismo offre ciò che manca


Non è, quindi, una questione di dettagli e dati. Il valore è nell’offrire alle persone ciò che per loro è davvero importante. Una cura , questa, che restituisce credibilità a chi scrive e fiducia a chi legge.
Thomas Friedman, editorialista del New York Times, ha affermato che il compito di un giornalista è quello di filtrare le informazioni essenziali distinguendole dal rumore di fondo. «I giornalisti migliori cercano di sentire quello che gli altri non sentono» sottolinea.


Non è una professione che può andare di corsa, quella del giornalista che punta alla qualità e a un’idea di giornalismo costruttivo. È una sfida importante che parte dalla lettura di tutte le notizie che riguardano la stessa storia per individuare l’unica informazione che agli altri è sfuggita. Una sfumatura su cui non ci si è focalizzati abbastanza. L’obiettivo è comprendere la ragnatela della storia per trovare una prospettiva differente che faccia luce in modo inedito o che induca a riflettere. Mariam Semaan, giornalista libanese specializzata in innovazione dei media, nel corso di un’intervista ha affermato di utilizzare un gioco di ruolo: si mette nei panni di tutti i protagonisti di una vicenda per comprendere meglio le loro motivazioni, i ragionamenti e i punti di vista.
Occorre tempo e impegno, è vero.

Ma voglio credere che chi sceglie di informare ed educare il lettore sappia anche prendersene cura.