Ogni giorno i media condividono storie di oppressioni, disuguaglianze, violenza, guerra, terrorismo, inquinamento, paura e dipendenza. E non sempre si tratta solo di titoli, è l’intero racconto a essere così. Leggiamo tutto quello che alimenta l’idea ridondante del nostro essere una società in crisi profonda. Ma la distorsione delle notizie ha conseguenze che non andrebbero sottovalutate.
Che il mondo stia davvero peggiorando o meno la natura di queste notizie interagisce con il nostro sistema cognitivo portandoci a pensare che le cose stiano davvero così.
Le notizie raccontano ciò che accade non ciò che non accade. Apparirebbe insolito vedere un giornalista inviato affermare davanti alla telecamera “siamo in diretta da un Paese dove la guerra non è scoppiata” o ” ci troviamo in una città dove non è scoppiata una bomba” o “siamo in una scuola dove docenti e alunni lavorano in armonia”. Gli accadimenti negativi saranno sempre il numero necessario per coprire le pagine dei giornali e i contenitori di notizie, soprattutto oggi che miliardi di smartphone hanno trasformato la popolazione mondiale in inviati speciali e cronisti.
Tra le cose che accadono, quelle positive e quelle negative seguono una tempistica differente. Lontano dall’essere dei racconti dei fatti, le notizie di cronaca e attualità ricordano oggi le telecronache sportive. Sono focalizzate su eventi che sono accaduti dall’ultima edizione: il giorno prima, qualche ora fa, un secondo fa, adesso.
Le cose peggiori accadono velocemente. Quelle migliori non si costruiscono in un giorno, per questo motivo appaiono spesso fuori sincrono con il flusso di notizie. John Galtung, sociologo norvegese fondatore del Peace Research Institute di Oslo, ha evidenziato che se i giornali uscissero con un’edizione ogni 50 anni non vi troveremmo notizie relative al mezzo secolo appena trascorso ma unicamente un report della situazione attuale. Con ogni probabilità il cambio climatico e l’incremento delle aspettative di vita.
La natura delle notizie distorce la percezione del mondo da parte delle persone perché attiva un bug mentale che gli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman (Premio Nobel per l’economia nel 2002) chiamano Euristica della Disponibilità: le persone stimano la probabilità che accadano degli eventi in base al numero di eventi simili che riescono a ricordare. Gli episodi più emotivamente coinvolgenti avranno maggiore influenza sulla percezione. Gli incidenti aerei sono meno comuni degli incidenti in auto, eppure hanno una rilevanza mediatica maggiore tanto da generare la paura di volare in molte persone. Decisamente minore è il numero di persone che ha paura di guidare l’auto.
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Le conseguenze delle notizie negative sono esse stesse negative. Molto lontano dal divenire più informati i lettori hanno una visione distorta di ciò che accade nel mondo. Sono più spaventati dai crimini anche quando i dati parlano di riduzione della violenza come afferma il sociologo Steven Pinker. In Italia la percezione della presenza di immigrati dovuta ai fatti di cronaca e agli aggiornamenti continui è ben più alta dei dati effettivi.
Consumando notizie negative le persone diventano più diffidenti, più ciniche, si sentono impotenti di fronte ai fatti, perdono fiducia nell’essere umano. Sentimenti, questi, che generano prese di posizione tipo “inutile votare tanto non cambia nulla” oppure “potrei fare una donazione ma ci sarebbe un altro bambino in difficoltà la prossima settimana, quindi tanto vale non fare nulla”.
Provate a fare una lista dei fatti peggiori raccontati dai media nell’ultima settimana e avrete la sensazione – completamente irrazionale – che l’umanità non sia mai stata più in pericolo di oggi.
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