Crearsi una propria opinione personale è onesto, auspicabile e possibile. Ciò non significa crearsi un pregiudizio ma avere un’idea su un fatto o su una persona. La propria opinione personale, però, arriva inevitabilmente da alcuni condizionamenti che spesso emergono dal mare delle notizie che leggiamo e delle informazioni che inondano occhi, mente e cuore. Ti racconto una storia accaduta che mi è tornata in mente qualche giorno fa a proposito di questo tema.
La caporedattrice di Millionaire, mensile con cui ho collaborato per diversi anni, mi commissiona un’intervista a Lapo Elkann. Ne sono entusiasta ma anche spaventata perché ciò che avevo letto fino a quel giorno sui giornali di lui non era certo carbonella per opinioni positive. Ma amo le sfide. Accetto e mi metto al lavoro. La chiacchierata con Lapo mi viene negata categoricamente dal suo ufficio stampa personale perché «Lapo non si concede alla stampa. Non vogliamo altri scandali». Cerco di spiegarle che Millionaire non intende fare un’intervista sulla sua vita personale ma sulla sua carriera imprenditoriale e sul tema giovani e opportunità. Nulla, non cede.
Passano mesi. Ci riprovo. Invano.
La nostra opportunità si presenta un po’ di tempo dopo. Lapo è a Milano per presentare il suo libro “Lapo, le regole del mio stile”. Parlo con il suo editore che mi informa di una presentazione non blindata, aperta a chiunque abbia piacere di incontrare Lapo e Carla Sozzani, allora direttrice di Vogue Italia. Vado. Mi metto in fila per farmi dedicare il libro che avevo tra le mani. Ricordo di aver pensato, mentre ero in coda, che stavo certamente per vivere un’esperienza che avrei raccontato alimentando quell’idea di follia che mi ero fatta su Lapo: presuntuoso, indisponente e dai concetti poco interessanti. Temevo un suo no alla mia richiesta, un tono infastidito dal mio essermi intrufolata a un evento per il suo pubblico. Ma fa parte del gioco di ruolo del giornalista: vai e porta a casa il pezzo.
Arriva il mio momento. Lapo firma la mia copia e io intanto gli racconto di essere una giornalista di Millionaire e di avere piacere di fargli alcune domande sui giovani, il libro, la sua attività imprenditoriale. «Ma scherzi Assunta? Vieni qui accanto a me. Ti chiedo solo un po’ di pazienza perché la priorità è per le persone in coda: sai sono qui per me ed è giusto che gli dia retta». Non me lo aspettavo. Non tutta questa disponibilità senza batter ciglio, questa attenzione al suo pubblico, questa educazione.
Mi siedo tra lui e Carla Sozzani con un po’ di imbarazzo iniziale. Sono nelle foto di tutte le persone presenti quel giorno: probabilmente alcuni si stanno chiedendo ancora chi fosse quella ragazza tra Lapo e Carla.
Tra una firma, un abbraccio e un Lapo sei grande e l’altro io conduco la mia intervista con una persona davvero sorprendente. Una grande passione: il suo lavoro. Una grande fragilità: non è semplice essere nipote di Gianni Agnelli. Una grande consapevolezza: «Ho avuto il mazzo di carte facile io con il nonno, questo lo so. Però me le sono dovute giocare io, avrei potuto buttarle o bruciarle». I suoi ritmi quotidiani: incessanti. Il suo grande entusiasmo: per la vita. Il suo estremo rispetto per il lavoro altrui: in quel caso il mio. L’affetto che gli ho visto ricevere quel giorno dal suo pubblico di lettori, appassionati ma, soprattutto, dai suoi dipendenti. Gli abbracci che gli ho visto donare a una famiglia di 4 persone: genitori magazzinieri nella sua azienda e figli entusiasti dell’incontro.
Un Lapo che sembrava tutto fuorché presuntuoso e arrogante, una chiacchierata ricca di ispirazioni, una gentilezza da galantuomo d’altri tempi, una persona appassionata.
La mia opinione personale, falsata dai media, era tutta sbagliata. Non conosco – e non mi interessa – la sua vita personale o i fatti di gossip che ci siamo abituati a leggere su di lui. Quello che so è che io avevo davanti a me una persona diversa da quella descritta dai media. E lo era in modo autentico, spontaneo. Quel giorno sono nate in me due riflessioni. Se non lo avessi incontrato personalmente sarei rimasta della mia idea e non avrei avuto occasione di raccontare la mia esperienza così differente. Soprattutto: quante grandi ispirazioni per i giovani si sono persi i miei colleghi giornalisti che hanno dimenticato l’imprenditore visionario per portare attenzione alla sua vita personale cavalcando l’onda del gossip.
Oggi, a distanza di tempo, questo episodio mi è tornato in mente con due domande:
Da dove arriva la nostra opinione personale? Con quali elementi la costruiamo?
Da quella meravigliosa giornata di inizio estate a Milano ho imparato che i media hanno la grande responsabilità di determinare ciò che noi pensiamo di un fatto o di una persona. Ho anche imparato, però, che la nostra opinione non può basarsi esclusivamente su quanto leggiamo o ascoltiamo da altri: dobbiamo crearcela con l’esperienza.
E se l’esperienza tarda ad arrivare allora si conceda il beneficio del dubbio.
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