E’ successo ancora una volta. Ho utilizzato i social media per conoscere un fatto di cronaca. Ho scelto di farlo. E’ accaduto questa mattina per conoscere cosa stesse accadendo nel Centro Italia, epicentro di un terribile terremoto. I social media sono stati utili. Ancora una volta ne ho colto il lato costruttivo straordinario.
E’ andata cosi. Antonio, mio marito, ha acceso il telefono poco prima di uscire per andare al lavoro e si è accorto di una notifica di Facebook rassicurante. Un nostro amico che vive in Centro Italia stava bene. Lui, Antonio, mi ha guardata e mi ha detto: “cosa sarà successo?”. La mia risposta è stata immediata “Se Facebook ha attivato il Safety Check qualcosa di importante”.
E cosa ho fatto allora? Ho aperto Twitter. E li ho compreso tutto: un terremoto di quelli capaci di radere al suolo un paese. E’ successo ad Amatrice. A quel punto mi sono trasferita sui siti dei quotidiani per approfondire seguendo sempre la scie delle notizie costruttive piuttosto che quelle di devastazione.
Perché in quel momento non era di tragedie che avevo bisogno ma di comprensione. Volevo comprendere capire come stava la situazione per dovere di cronaca, sentire la paura ma non farmi sopraffare. Perché dentro di me c’era un’altra urgenza: cosa posso fare?
[Tweet “Cosa posso fare? E’ la domanda costruttiva nei momenti di crisi.”]
Io che vivo a Milano, che non sono li ne cuore della tragedia. Cosa posso fare io?
La risposta mi è arrivata da Twitter, ancora una volta. Posso fornire informazioni utili e costruttive. Ora, in questo momento – ho pensato – non c’è bisogno di far sentire il mio dispiacere e dolore ma c’è bisogno di far sentire un aiuto concreto. Anche da lontano. Come è successo a Parigi, ricordate?
Perché ormai è chiaro: Facebook rassicura, Twitter informa. Entrambi aiutano.
Ho intercettato il Twitter di Livia Iacolare che invitava a fare le ricerche geo-localizzate sul motore di ricerca del social media e quello di Franz Russo che invitava a evitare le polemiche fornendo dati utili per aiutare le persone in difficoltà in questo momento. Silvia Sacchetti – Mamma Imperfetta della rete – ha condiviso un appello dell’Avis della Provincia di Rieti: serve sangue di tutti i gruppi sanguigni. La Croce Rossa italiana avvisa gli automobilisti di non percorrere la Salaria. Massimo Russo, invece, rilancia l’appello dei soccorritori ad Amatrice: servono pale, picconi e cric per scavare perché ora si stanno usando le mani.
Ho ritwittato tutti questi messaggi e altri ancora. Ho condiviso tutto ciò che poteva essere utile. Volevo essere utile. Volevo fare qualcosa pur essendo lontana.
[Tweet “Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano. Sai Baba”]
In questa epoca storica abbiamo in mano straordinari strumenti come i social media. E’ grazie a loro che nei momenti di emergenza possiamo essere utili in modo concreto, costruttivo. Usiamoli cosi.
Questo non è solo il momento dei messaggi di cordoglio o di dispiacere. Di certo non è il momento di ricordare al mondo che anche noi anni fa abbiamo vissuto una tragedia di questo tipo ( con tutto il rispetto!). Non è nemmeno il momento di fare polemiche. Questo è il momento dell’aiuto.
In questo momento, secondo me, è utile far conoscere cosa è accaduto e unirsi tutti per aiutare. Se c’è un modo per sentirci vicini a chi è in difficoltà è aiutare. E se parliamo di unione, umanità, amore allora è il momento di dimostrarlo.
Per tutto il resto c’è tempo. Domani, magari ci raccontate come siete stati voi al terremoto precedente, come potevano muoversi i politici, quanto questa tragedia vi abbia colpiti. Domani però. Oggi non affolliamo i social media di questi messaggi. Oggi il modo migliore per dimostrare a chi si trova nei territori colpiti dal terremoto che siamo tutti vicini è essere utili. Proprio perché ricordiamo cosa abbiamo vissuto anni fa, perché proviamo dolore e dispiacere, perché vorremmo che i politici si muovessero in un altro modo.
Affolliamo i social media con messaggi costruttivi. E’ ciò che serve oggi.