Volti preoccupati intavolano discorsi preoccupanti. Sprechiamo un sacco di tempo in tensione: preoccupandoci per cose che, spesso, non possiamo nemmeno controllare. La spiegazione sembrerebbe una sola: ci siamo abituati. Non ci rendiamo nemmeno conto del tempo quotidiano che doniamo a pensieri distruttivi e colmi di paura. Preoccuparsi sembra diventata la moda di questi tempi.

Karl Pillemer, professore di Sviluppo Umano alla Cornell University  e fondatore del Legacy Project, ha condotto uno studio coinvolgendo 1200 anziani e chiedendo loro di fornire le lezioni di vita apprese durante la propria esistenza.

Tutti hanno dichiarato lo stesso rimpianto: la sensazione di aver buttato via il tempo in inutili preoccupazioni. Avrebbero voluto non farlo. Avrebbero voluto tornare indietro e comportarsi con più rispetto nei confronti del tempo. Prezioso e limitato, in effetti.

Non so quanto tempo tu dedichi alle preoccupazioni ma ti invito a notarlo e ad esserne consapevole. Perché si tratta di tempo tolto ad attività ben più costruttive che puoi svolgere. Per me è stato interessante notare quale momento dedicavo alla preoccupazione e chiedermi come potevo colmare questo vuoto. Sì, perché gli psicologi concordano nell’affermare che si tratta di un vuoto da colmare. C’è chi sceglie la preoccupazione, chi vizi poco edificanti o abitudini distruttive. E poi c’è chi riempie questo tempo con attività che lo elevano: siano esse operative, culturali, appassionate o rilassanti. Poco importa cosa fai, la cosa che conta è che ti possa provocare una sensazione di benessere.

Credo che la chiave sia questa: prestare attenzione a come stiamo.

Può apparirti folle, forse, ma ti sei mai guardato allo specchio chiedendoti: “come stai?”. Una domanda da porsi spesso: dopo aver speso fette di tempo impegnato in una qualunque attività. Sarà interessante scoprirne le risposte.