Abbiamo una grande consapevolezza oggi: il cibo spazzatura ci fa male. Ci stiamo orientando sempre più verso la scelta di un’alimentazione di qualità. Nel frattempo, però, continuiamo a consumare notizie spazzatura. E non intendo le fake news: quelle nascono come “fake” intenzionalmente. Mi riferisco, piuttosto, alle notizie vere – o che vogliono esserlo – ma che risultano superficiali, piene di cliché e di dettagli distruttivi, polemiche e talvolta semplicemente fini a sé stesse.

Il termine Junk Food News è stato coniato negli anni ’80 dal professore californiano Carl Jensen. Per lui il giornalismo spazzatura è quello che pone l’attenzione su ciò che non ha senso a discapito delle cose importanti. Quindi parliamo, secondo il professore, di gossip, sesso, notizie sulla vita privata delle celebrità, articoli schierati durante le elezioni politiche, news con effetto yo-yo in cui, per esempio, si inseriscono le statistiche raccontate minuto per minuto.

In questa categoria inserisco anche il giornalismo superficiale, schierato e di opinione su notizie importanti. Quegli articoli che ci impediscono di comprendere i fatti come meritiamo, in quanto lettori, cittadini e persone.

Se le fake news sono il doppio cheeseburger – evidenti nella propria essenza – le notizie mascherate sono il muffin ai mirtilli. Sano all’apparenza ma con una lista di ingredienti che non lo rendono tale. Ed è questo il motivo per cui il vero problema dell’informazione oggi non sono le fake news ma tutte quelle informazioni mascherate da notizie che risultano più insidiose. Le insospettabili che prendono casa nella nostra mente e ci provocano gli stati di ansia, impotenza, paura e frustrazione che i sociologi evidenziano oggi.

Il mondo è complesso. È molto di più di ciò che leggiamo e ascoltiamo. Anche i temi maggiormente coperti dai media non sono quasi mai trattati oltre la superficie. Possiamo anche pensare che sia sufficiente perché non abbiamo il tempo di conoscere tutto in ogni aspetto ma forse vale la pena riflettere su due pensieri:

  • Viviamo in un mondo interconnesso. Le crisi che avvengono altrove prima o poi bussano alla nostra porta. Pensiamo al conflitto in Siria: ha messo in crisi il concetto di Unione Europea e ha generato un esodo internazionale importante. O come l’ISIS abbia disseminato terrore in tutto il mondo. Costruire un muro di narrazione semplicistica non ci protegge.
  • Condividiamo l’umanità. Se non comprendiamo la complessità del mondo non potremo mai risolverne i problemi. Una persona molto saggia un tempo mi ha detto: “nessun diritto viene perso se esiste anche solo una persona che si batte per esso”. Ed ecco perché nutrirci di Junk Food News ci impedisce di diventare persone responsabili e attive.

Il modo in cui ci stiamo informando oggi, ci restituisce una percezione della realtà distorta da talk show televisivi e notizie superficiali. Ci siamo abituati, purtroppo, a essere intrattenuti più che informati. Ed è ovviamente una strada in cui ci hanno condotto i media. Ma come lettori abbiamo la possibilità di scegliere: così come non mangiamo junk food ogni giorno, possiamo smettere di leggere junk news quotidianamente.

Generalizzare è un grande errore: nell’oceano di fake e junk news esiste anche chi fa giornalismo di qualità. Ed è quello che dobbiamo andare a cercare e, dove possibile, sostenerlo. Così come al supermercato investiamo del tempo a verificare gli ingredienti sulle etichette dei prodotti, ora è il momento di chiederci che tipo di notizie stiamo consumando. Fanno bene alla nostra mente?

Quando proviamo cibo di qualità, il junk food non ci risulterà più così buono. Questa è una certezza.